La variabilità del trattamento delle patologie che interessano la colonna vertebrale ed il perché di un approccio multidisciplinare derivano essenzialmente dalla complessità stessa della principale struttura assiale del corpo umano, dalla molteplicità degli elementi che la compongono – tra loro strettamente interconnessi – e dalla loro sinergia nello svolgimento delle svariate funzioni a cui essa è deputata. Ce ne parla in questo articolo per il nostro Blog, il Dr. Massimo Cerciello, medico fisiatra dell’Associazione Scuola Viva Onlus.
Biomeccanica e biodinamica
Nel rachide, i principi essenziali della biomeccanica e della biodinamica sono dovuti sia dall’anatomia delle vertebre e dei dischi intervertebrali, presi singolarmente e nel loro insieme, che dalle principali curve fisiologiche e dalle forze muscolari coinvolte. Gli schemi che seguiranno sono mutuati dal Trattato di Fisiologia Articolare di I.A. Kapandji, vera miniera di informazioni scientifiche correlate alla biomeccanica ed alla biodinamica.
Vertebre e dischi intervertebrali
Attraverso la loro struttura combinata tra corpi ed archi a loro volta costituiti da: peduncoli, lamine, apofisi articolari, apofisi trasverse laterali e spinose posteriori, le vertebre, prese nel loro insieme, possono assolvere a tre essenziali funzioni:
- funzione di protezione per il midollo spinale, per le radici e per i plessi nervosi,
- funzione statica di sostegno per il tronco e per la gabbia toracica ai fini della respirazione,
- funzione dinamica per i movimenti assiali, per i movimenti degli arti attraverso i cingoli, per la locomozione e per l’equilibrio.
In particolare la costituzione anatomica dei somi vertebrali ed il loro succedersi dal tratto occipito-cervicale a quello lombo-sacrale passando per il tratto dorsale, assolve alla funzione di protezione ed a quella di sostegno statico sostenendo, grazie alla robusta struttura dei corpi vertebrali, il peso derivante dalle strutture osteo-articolari, da quelle muscolari e dagli organi contenuti nel capo e nel tronco; è questo il pilastro anteriore del rachide.
Parallelamente, l’architettura costituita dalle apofisi trasverse e spinose, dai peduncoli e dalle faccette articolari, con i sistemi legamentosi e muscolari che vi prendono inserzione, attraverso la sua leggerezza ed elasticità, è necessaria per le funzioni dinamiche; il loro succedersi in senso verticale forma gli archi laterali ed il pilastro posteriore del rachide.
Il pilastro anteriore ed il pilastro posteriore sono funzionalmente collegati tra loro dal segmento motore. Questo segmento comprende, a sua volta, il disco intervertebrale, il forame di coniugazione, le articolazioni interapofisarie, il legamento giallo ed il legamento interspinoso; la mobilità di tale segmento è responsabile dei movimenti della colonna vertebrale.
Esiste un’unione funzionale tra il pilastro anteriore ed il pilastro posteriore che è rappresentata dai peduncoli vertebrali. Ogni struttura vertebrale, come sopra descritta, può essere paragonata ad una leva di primo tipo, dove l’articolazione interapofisaria ha il ruolo di fulcro.
Un tale sistema di leva permette che delle azioni di compressione assiale sulla colonna vertebrale vengano ammortizzate: a livello dei dischi intervertebrali, sotto forma di un ammortizzamento diretto passivo ed a livello dei muscoli delle docce vertebrali, sotto forma di un ammortizzamento indiretto attivo.
I dischi intervertebrali, attraverso la loro funzione ammortizzante, specie nel tratto lombare, danno equilibrio e tenuta al complesso sistema statico-dinamico suindicato; grazie alla loro caratteristica struttura con un anello periferico a strati concentrici ed un nucleo polposo contenuto in uno stato di pre-compressione.
Il tutto corrisponde nell’insieme ad un sistema altamente resistente ai carichi che si comporta al pari del cemento armato con all’interno una barra pretensionata.
Questa robusta impalcatura è suscettibile, a sua volta, di micromovimenti di scivolamento e di traslazione combinati, sia in senso antero-posteriore che latero-laterale, tali da adattarsi a qualunque tipo di sollecitazione anche estrema.
Oltre a questo, si deve tenere presente le micro-comunicazioni esistenti, attraverso la cartilagine cribrata dei piatti somatici e i numerosissimi pori microscopici dei dischi, che mette in connessione il nucleo polposo con il tessuto osseo spongioso.
Ciò consente di spostare quantitativi di acqua tra sostanza gelatinosa del nucleo e sistema trabecolare dei corpi vertebrali in modo bi-direzionale, come un vero e proprio ammortizzatore idraulico.
E’ ovvio che il sovvertimento strutturale di questo sistema altamente specializzato, conseguente a traumatismi o a patologie di varia natura, genera importanti alterazioni delle formazioni e delle principali funzioni predette, che sono a loro volta all’origine di ulteriori sofferenze di natura biomeccanica, biodinamica e posturale.
Per questo lo scopo ultimo di un trattamento sulla colonna vertebrale non è solo la conclusione dei dolori o delle disfunzioni contratturali, ma è, e deve essere, il riallineamento posturale ed il suo mantenimento nel tempo.
Le curve fisiologiche del rachide
Riprendendo il ruolo ammortizzante proprio dei dischi intervertebrali, intesi nel loro insieme, come sistema di equilibrio tra funzioni statiche e dinamiche, è naturale introdurre il concetto ad essi complementare rappresentato dalle curve fisiologiche del rachide.
Sul piano sagittale la colonne vertebrale presenta quattro curve che sono:
- la lordosi cervicale a concavità posteriore,
- la cifosi dorsale a convessità posteriore,
- la lordosi lombare a concavità posteriore,
- la curva sacrale a convessità posteriore ma, a differenza delle altre tre, rigida in quanto le vertebre sacrali sono fuse tra di loro.
Il valore di ciascuna curva si calcola attraverso la distanza fra un ideale piano verticale posteriore, tangente al dorso, e l’apice delle curve stesse ed è definito con il termine di “freccia”.
Nella filogenesi, cioè nell’evoluzione della razza umana, il passaggio dalla posizione quadrupede alla stazione eretta bipede ha causato dapprima il raddrizzamento e successivamente l’inversione della curva lombare nella definitiva lordosi a concavità anteriore, che varia a seconda degli individui in rapporto al grado di antiversione o retroversione del bacino con conseguente modifica dell’angolo lombo-sacrale.
Tale angolo è più accentuato nella donna e meno accentuato nell’uomo, a questo corrisponde un incremento della lordosi lombare nel sesso femminile.
Stesso discorso di graduale cambiamento della curva lombare avviene durante l’ontogenesi, cioè nel corso dell’evoluzione dell’individuo; fino ai cinque mesi di età, infatti, la curva è convessa posteriormente e soltanto intorno ai quindici mesi il rachide lombare diventa rettilineo per poi iniziare verso i tre anni una graduale lordotizzazione che assume caratteristiche definitive con l’accrescimento somato-ponderale intorno ai dieci anni.
L’evoluzione dell’individuo è, in tal senso, parallela a quella della specie umana ed, in entrambe i casi, conseguente all’adattamento posturale dell’individuo rispetto all’assunzione della posizione eretta e, quindi, rispetto alla forza di gravità cui il corpo è sottoposto nella posizione ortostatica.
La presenza ed il succedersi alternato delle curve del rachide appartiene ad un modello biomeccanico teso a soddisfare la resistenza della colonna vertebrale alle sollecitazioni di compressione assiale, garantendo nel contempo caratteristiche di elasticità e di ammortizzamento. secondo una formula bio-ingegneristica di riferimento: la presenza di tre curve mobili, come nel caso della colonna vertebrale aumenta di ben 10 volte la resistenza rispetto ad una colonna rettilinea.
La rilevanza delle curve può essere misurata in base all’indice rachideo di Delmas che è il rapporto tra la lunghezza sviluppata tra l’atlante (c1) ed il piatto superiore della prima vertebra sacrale (s1) e l’altezza presa sempre tra le due vertebre estreme.
Una colonna vertebrale con curve normali possiede un indice del 95% con limiti estremi di 94% e 96%. un rachide con curve accentuate ha un indice di Delmas inferiore a 94%, cioè la lunghezza sviluppata è molto maggiore rispetto all’altezza; al contrario un rachide con curve poco accentuate, cioè quasi rettilineo possiede un indice di Delmas superiore al 96%.
L’importanza di questa classificazione anatomica deriva dal fatto che l’indice di Delmas è utile ad individuare il morfotipo funzionale dell’individuo.
Il rachide con curve pronunciate caratterizza un morfotipo dinamico, corrispondente ad un maggior grado di elasticità, mentre quello con curve appiattite corrisponde ad un morfotipo statico, con caratteristiche di maggiore rigidità; sono questi, peraltro, i morfotipi di riferimento rispettivamente femminile e maschile.
Ne consegue che, a curve più accentuate corrisponderanno valori di freccia maggiori, differentemente a curve meno accentuate e più appiattite, corrisponderanno valori di freccia minori.
Forze muscolari
Quanto finora esposto, circa le singole componenti anatomiche e funzionali della colonna vertebrale, assume notevole importanza se rapportato all’equilibrio tra forze muscolari, curve fisiologiche e dischi intervertebrali, considerando le strategie di adattamento del rachide verso le principali sollecitazioni meccaniche che si producono nell’interazione tra il corpo umano e l’ambiente circostante.
Nel complesso, infatti, le doti di resistenza e di elasticità che assicurano la funzione di ammortizzatore del sistema, vengono assicurate da uno stretto rapporto sinergico tra questi tre elementi in gioco ove, peraltro, i tiranti muscolari regolano automaticamente la loro tensione sotto il controllo del sistema nervoso centrale. si tratta di un adattamento attivo che dipende dalle modificazioni del tono dei differenti gruppi muscoli paravertebrali sotto l’azione del sistema extrapiramidale.
Infatti, l’elasticità della colonna vertebrale è garantita anche e soprattutto dalla presenza di numerosi segmenti vertebrali sovrapposti collegati reciprocamente da una complessa intelaiatura di muscoli e legamenti; questa struttura ha la capacitaà di deformarsi pur rimanendo rigida e resistente ad opera dei suoi tiranti muscolari.
Durante le fasi della vita dell’individuo si assiste ad una progressiva disidratazione dei dischi intervertebrali ed ad un graduale impoverimento delle masse muscolari, il mantenimento nel tempo delle curve posturali assume a questo punto una rilevanza fondamentale nell’equilibrio del sistema.
In un modello figurativo che ha come immagine uno sgabello che si regge su tre gambe, qualora una o più gambe riducano il loro effetto di sostegno dello sgabello, le rimanenti devono attivarsi in modo maggiore al fine di evitare lo sbilanciamento.
E’ questo il motivo per il quale sia a seguito di un evento patologico acuto che in conseguenza di fatti degenerativi riguardanti una o più componenti tra quelle sopra espresse, l’attenzione verso la cura dello stato di salute dei dischi intervertebrali, il recupero ed il mantenimento delle curve posturali, nonché il sano allenamento delle componenti muscolari, compresa la prevenzione di eventuali stati distonici, rappresentano l’unica via di uscita stabile e duratura nei confronti della tenuta del complesso sistema costituito dalla colonna vertebrale.
Conclusioni
Il superamento dei principali stati patologici, vista la molteplicità delle suindicate componenti che costituiscono tale sistema, è sottoposto di conseguenza alla presa in carico da parte di numerosi operatori sanitari del settore che, solo se ben organizzati tra di loro, intervenendo in modo ordinato e sequenziale sulla base della specifica etio-patogenesi della malattia sofferta, riusciranno ad ottenere il successo terapeutico previsto.
Tali figure professionali preposte, dal neuro-chirurgo al fisiatra, dall’ortopedico all’osteopata passando per il fisioterapista e per il tecnico ortopedico fino alla terapia del dolore ed alla terapia reflessologica, libere da ogni auto referenzialità o da atteggiamenti eccessivamente individualisti, dovranno sapere comunicare strettamente tra di loro, nel comune interesse della cura dei pazienti, comportandosi come un team specializzato di collaboratori che agiscono sotto una comune ed unica regia.
Scuola Viva realizza progetti di riabilitazione ortopedica, neurologica e vascolare, rivolti a tutte le persone con disabilità derivanti da patologie complesse del sistema osteo-articolare e del sistema neuro-muscolare e vascolare.
Fonti citate: Fisiologia Articolare, di I.A. Kapandji.